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Alla scoperta del tartufo

Origini, varietà, habitat e mistero di un tesoro millenario

Il tartufo non è solo un ingrediente pregiato: è una creatura misteriosa della natura, avvolta da secoli di storia, leggende e passione. Per comprenderlo davvero, bisogna partire dalle sue radici—letteralmente.

Che cos’è un tartufo?

Il tartufo è un fungo ipogeo (cioè sotterraneo) che vive in simbiosi con le radici di alcune piante, come querce, lecci, noccioli, pioppi e carpini. Non ha stelo, non ha cappello: si sviluppa interamente sottoterra, assumendo forme irregolari, simili a piccoli tuberi, da cui prende il nome Tuber.

Questa simbiosi è fondamentale: il tartufo aiuta la pianta ad assorbire minerali, e la pianta fornisce al tartufo zuccheri e nutrimento. È una danza invisibile tra natura e tempo, spesso lunga anni.

Dove cresce?

Il tartufo non si trova ovunque. Ha bisogno di un ambiente incontaminato, con terreni calcarei, umidi ma ben drenati, e microclimi stabili. Cresce spontaneamente in alcune zone d’Italia (Piemonte, Toscana, Umbria, Marche, Abruzzo, Molise), in Francia (Perigord), in Spagna, e recentemente anche in Australia e negli Stati Uniti.

Esistono anche tartufaie coltivate, ma la produzione spontanea resta la più preziosa.

Come si cerca?

Tradizionalmente, i tartufi si cercavano con i maiali, ma oggi i veri protagonisti sono i cani da tartufo: addestrati con pazienza, sviluppano un fiuto straordinario e lavorano in perfetta sintonia con il tartufaio.

La cerca avviene solitamente all’alba o al tramonto, in silenzio, con grande rispetto della natura. Ogni ritrovamento è una piccola vittoria.

Quante varietà esistono?

Ecco le principali:

Tartufo bianco (Tuber magnatum Pico): il più raro e costoso, raccolto da ottobre a dicembre, con profumo intenso e delicato al tempo stesso.
Tartufo nero pregiato (Tuber melanosporum): noto anche come “nero di Norcia”, raccolto tra dicembre e marzo. Aroma profondo e piacevolmente terroso.
Tartufo estivo (Tuber aestivum): disponibile da maggio a settembre, ha un profumo più tenue e un sapore più accessibile.
Tartufo uncinato, bianchetto, moscato, brumale: meno noti al grande pubblico, ma apprezzatissimi da chef e intenditori.

Un po’ di storia

I tartufi erano noti già agli antichi Sumeri. Greci e Romani li consideravano afrodisiaci, dono degli dei, simbolo di lusso e potere. Nel Medioevo furono dimenticati, ma rinacquero nei banchetti rinascimentali, fino a diventare un simbolo della cucina d’élite.

Perché è così prezioso?

Perché non si può coltivare con certezza, perché cresce solo in zone limitate, perché va cercato uno per uno, e perché il suo profumo non ha eguali in natura.
Il tartufo non si ripete mai: ogni esemplare è unico, irripetibile, come un diamante della terra.

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